Elisabetta Bucciarelli mette in scena un noir stratificato, a più voci, che si alternano secondo una struttura ideale intimamente duale: Verità e Menzogna, Spazio (cosa che più manca alla protagonista, costretta agli arresti domiciliari) e Tempo (il tempo riacquistato controvoglia, il tempo che obbliga alla riflessione), Interno (la casa, ma anche il linguaggio: per la prima volta Maria Dolores parla in prima persona) ed Esterno (le indagini parallele di Funi e Corsari, che irrompono nell’universo solitario dell’ispettore). Fino ad approdare al binomio indissolubile per eccellenza, il vero centro nevralgico del romanzo: Libertà e Responsabilità.
La libertà, la ricerca disperata di una libertà reale, intima e profonda, che non corrisponde forzatamente a una libertà pratica, a volte solo superficiale e ingannevole, sembra in effetti essere il punto a cui tutta la narrazione tende attraverso i suoi personaggi che si intrecciano in una rete fittissima di avvenimenti e emozioni contrastanti: libertà dagli arresti domiciliari e dall’oblio sui fatti per la Vergani, l’ingannevole apparenza di libertà dal corpo e dalla materia ricercata dalle ragazze anoressiche su cui indaga Funi, libertà dall’ossessione amorosa per Corsari. Ma la vera libertà, sembra suggerire l’Autrice, non è essere liberi da qualcosa, ma essere liberi di scegliere. E la scelta più grande, impersonata dallo sfuggente Angelo, è la libertà di credere, come Maria Dolores afferma in un colloquio con il suo avvocato, incredulo davanti alla sua reticenza ad affidarsi a una giustizia che non vede l’ora di assolverla: “Io cerco la verità per poi essere libera anche di mentire e assumermi la responsabilità di farlo”.
Verità, libertà, responsabilità: concetti universali che si insinuano con eleganza attraverso pagine dallo stile diretto, veicolati da una scrittura immediata capace di avvolgere il lettore nelle spire delle sue diverse trame. Un noir avvincente dove suspense e riflessione si avvicendano in un delicato gioco di equilibri.
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