02 ottobre 2010

Bartolomeo Di Monaco

C’è un passato che riaffiora a tratti, un futuro che è appena punteggiato, un presente scandito dalle contraddizioni della vita: Maria Dolores Vergani, l’ispettore di polizia protagonista anche dell’ultimo noir di Elisabetta Bucciarelli “Ti voglio credere” ( Kowalski editore), sembra che porti sulle sue spalle tutto il peso di un universo femminile martoriato da una sensibilità che sconfina nel dolore. Perché l’ispettrice Vergani aveva già, quand’era psicologa, una vita segnata dal senso di colpa per aver perso un paziente, in terapia con lei, che si era suicidato. E una volta entrata in polizia, cominciando a lavorare gomito a gomito con colleghi la cui freddezza talvolta rasenta il cinismo, Maria Dolores si lascia trainare dal suo bagaglio culturale e umano che le consente di ridare dignità alle vittime, di comprendere il male del mondo, l’odio, il degrado, il marcio, la violenza, la rabbia. Male consente anche di capire chi sbaglia. E questo suo meccanismo caratteriale finisce con l’essere uno strumento prezioso per le sue indagini. Perché sforzandosi di comprendere la natura umana, riesce a ricostruire il cammino, le mosse, le pulsioni che hanno trasformato la fragilità in crimine.


Inizia e finisce QUI.